Keith
Jarrett
Nasce ad Allentown, Pennsylvania l'otto maggio del 1945 da Daniel ed
Irma Jarrett.
In
famiglia, sin da piccolo, Keith respira aria di musica. La nonna paterna suona
il pianoforte ed una zia lo insegna, mentre il padre, che a causa della Grande
Depressione non è riuscito ad avere una buona educazione musicale, è lo stesso
un grande innamorato della musica. La madre, dal canto suo, fin da piccola ha
studiato musica ed ha avuto modo di cantare in alcune orchestrine locali.
Jarrett è
un ragazzo precoce fin dall'infanzia. Comincia a parlare ad un anno ed è subito
incline alla musica tanto da indurre il padre Daniel ad acquistare, all'asta,
un vecchio pianoforte. Irma, la madre, decide inoltre di affiancare al figlio
un'insegnante. Keith in quel periodo ha solo tre anni e, a distanza di tanto
tempo, ricorda con tenerezza la madre in quei momenti tanto da fargli
ricordare:
"Immagino passasse per pazza per quello che faceva quando avevo solo
tre anni! Ma sono felice che l'abbia fatto"
Jarrett,
con la musica, fa passi da gigante ed a soli tre anni riesce a scrivere qualche
battuta in uno spartito che tuttora è gelosamente conservato dalla famiglia.
A cinque
anni riceve il suo primo premio in una trasmissione radiofonica condotta dal
celebre direttore d'orchestra Paul Witherman e, nello stesso periodo, si
esibisce in piccoli concerti. Già a sei-sette anni, nonostante la rigida
educazione classica, il piccolo Jarrett inventa delle melodie su cui
improvvisare.
All'età
di quindici anni suona nella banda cittadina e nello stesso periodo ascolta per
la prima volta Dave Brubeck. Ne rimane affascinato, tanto da acquistare
un doppio album del pianista contenente anche delle partiture che Jarrett
studierà a fondo ma, soprattutto, che lo aiuteranno a comprendere la
metodologia d'improvvisazione.
All'età
di sedici anni dà il suo primo concerto in solitudine, completamente dedicato a
proprie composizioni e comincia ad interessarsi al jazz. Un colpo di fortuna
cambia letteralmente la vita di Jarrett che, nel frattempo, era finito a
lavorare in fabbrica. Il batterista di un locale jazz vicino ad Allentown, il Deer
Head Inn, lo chiama a sostituire per alcune settimane il pianista del club. In
seguito, si iscrive, grazie ad una borsa di studio, alla Berklee School of
Music di Boston e suona in tournee con i Fred Waring's Pennsylvanias.
Nel 1962
entra, per la prima volta, in una sala di registrazione. Questo evento è
consacrato da Don Jacoby, che con la sua orchestra incide album con studenti
dei vari college statunitensi. Jarrett in quel periodo non frequenta nessun
college ma è lo stesso fatto passare per studente del Berkley. Il pianista nel
frattempo lascia nel giro di un anno l'ambiente studentesco e matura la
decisione di recarsi a New York per farsi conoscere nell'ambiente jazzistico,
gettandosi nelle jam sessions organizzate nei più noti e frequentati clubs metropolitani.
E' inevitabilmente un periodo di povertà e di stenti per il giovane Jarrett.
Una breve
esibizione al Village Vanguard gli frutta una breve scrittura con Roland Kirk
e, in una successiva occasione, si procura un fortunato ingaggio dopo essere stato
notato da Art Blakey, alla ricerca di giovani talenti per una nuova edizione
dei Jazz Messengers. Keith, dopo il primo
entusiasmo iniziale, si arrende ai massacranti spostamenti che le tournee della
band impongono e, dopo soli quattro mesi, lascia il gruppo.
Nella
primavera del 1966 entra a far parte del quartetto di Charles Lloyd, che
divenne ben presto uno dei gruppi più popolari, non solo sulla scena del jazz,
e rappresenterà per Jarrett un punto di riferimento per i suoi futuri sviluppi
musicali. L'attività discografica inizia subito e, nello stesso anno, viene
pubblicato il primo degli otto dischi registrati dal gruppo. L'esperienza con
Lloyd sarà formativa e durerà fino ai primi mesi del '69, quando il
sassofonista liquiderà improvvisamente,
ma non senza motivazioni, il gruppo.
Parallelamente
Jarrett comincia a lavorare come leader di un innovativo trio costituito da Paul
Motian e Charlie Haden, formazione con cui pubblica i
primi dischi a suo nome. Quindi, nel '70, entra a far parte di quello che, ai
tempi, è considerata la formazione più prestigiosa
in ambito jazzistico e anche quella in grado di porlo
all'attenzione di un pubblico più ampio: il gruppo di Miles Davis.
Nonostante non gradisca appieno la musica proposta, Jarrett capisce
l'importanza di partecipare al progetto del carismatico leader in quel momento
della sua carriera. Egli, in realtà, è alla ricerca di un suono diverso da
quello elettrificato di Davis, esclusivamente acustico. Per questo, dopo averlo
lasciato, aggiunge il sassofonista Dewey Redman al suo
trio e fonda quello che diventerà una delle formazioni più durature e
importanti nel panorama jazzistico degli anni '70. Il gruppo sfornerà lavori preziosi, che purtroppo non
avranno però un immediato riscontro nelle vendite. Ben sedici album
testimoniano quegli anni di grande fervore creativo, dal 1971 al 1976.
Nel 1971
la carriera di Jarrett prende, nel frattempo, una decisiva svolta, grazie
all'incontro con il produttore Manfred Eicher e con l'ECM (Editions of
Contemporary Music), la sua etichetta discografica, con la quale esordisce
subito con un capolavoro assoluto di piano solo che suscita giustificato
scalpore: Facing you. Altri pianisti prima di Jarrett avevano proposto
dischi in piano solo, ma questo sembra avere tutti i crismi dell'innovazione e
lascerà un'impronta indelebile nella storia del pianoforte improvvisato
contemporaneo. E' l'inizio di una nuova era, sia per Jarrett, sia per la musica
per pianoforte, più in generale, nonché la consacrazione della casa
discografica tedesca ECM, che da allora costituirà con Jarrett un binomio
inscindibile ed inconfondibile, sinonimo, per il pubblico, di una precisa
estetica musicale e di alta qualità di registrazione.
Jarrett
irrompe quindi definitivamente al centro della scena jazzistica internazionale,
inaugurando una lunga serie di concerti e di incisioni discografiche che
verranno pubblicate per tutti gli anni '
Il '74 è
un anno importante per la carriera di Jarrett, che per la prima volta incide
con il sassofonista norvegese Jan Garbarek e un gruppo di giovani
musicisti nordici di talento. Da allora, l'attività concertistica e
discografica di Jarrett si espande e viene a dividersi tra quartetto
americano, piano solo ed il nuovo quartetto europeo, appena
costituito. Non sono moltissimi i dischi pubblicati che testimoniano la
collaborazione tra il pianista e l'emergente sassofonista, ma sono tutti molto
interessanti e di alto livello.
Nel 1983
Jarrett, in piena maturità artistica ed umana, riprende, a distanza di anni,
l'altro principale contesto in cui esalterà le proprie doti di interprete,
oltre a quelle già note di improvvisatore: il Trio.
Per il
nuovo progetto, Jarrett chiama alla collaborazione Gary Peacock e il
compagno di vecchie avventure Jack DeJohnette, artisti già
discograficamente incontrati sei anni prima nell'antecedente storico Tales
of another, ma questa volta l'oggetto musicale è costituito, a sorpresa,
dagli standards jazzistici.
Si tratta
di un'operazione apparentemente poco originale, che invece si rivelerà
culturalmente profonda ed artisticamente gratificante, che porterà Jarrett e il
suo trio ad una sorta di perfezione formale e di classicità jazzistica ed alla
conseguente definitiva consacrazione internazionale. Ad oggi, deve già essere
considerata una delle formazioni più longeve e rappresentative di tutta la
storia del jazz.
L'eclettismo
di Jarrett lo porta intanto a tuffarsi a capofitto in una nuova esperienza,
quella di interprete classico e di compositore di stampo accademico. Incide,
sempre per l'ECM, alcune interessanti interpretazioni di Bach, non trascurando Mozart,
Haendel e Shostakovich, e pubblica alcune opere di sua composizione,
con risultati talvolta contradditori e non del tutto convincenti.
Al
culmine della propria dispendiosa attività concertistica e discografica,
improvvisamente, Jarrett si ammala gravemente di una misteriosa "sindrome
da affaticamento", che gli impedisce di esibirsi in pubblico e lo
costringe a star lontano dalle scene per quasi tre anni: dalla fine del 1996
sino ai primi mesi del 1999.
Le
registrazioni dei suoi concerti, accumulate in precedenza dalla ECM, continuano
fortunatamente e regolarmente ad uscire, permettendo a Jarrett di mantenere e
il contatto col suo pubblico, almeno dal punto di vista discografico.
Nel
Nell'estate
1999, un Jarrett finalmente guarito, riprende le proprie tournee in giro per il
mondo e il discorso musicale lasciato in sospeso tre anni prima con il Trio. Si
ascolta, tuttavia, un nuovo Jarrett, forse meno energetico, ma più essenziale
nell'approccio al materiale musicale e più asciutto nelle esecuzioni. Un
pianista che riesce finalmente a trascendere la sua prodigiosa tecnica
pianistica, raggiungendo la piena maturità artistica.
Siamo
quindi ai giorni nostri, alle prese con un pianista ancora creativo e vitale
che, con il recentissimo Inside out, dimostra di non volersi adagiare
sugli allori, ma di voler rischiare musicalmente e mettersi ancora in gioco. E'
questo l'inequivocabile segno della sua grandezza artistica, che, per molti
versi, lo accomuna, nel fascino, ad un altro grande "discusso" della
storia della musica afro-americana: Miles Davis.
Con
questo genere di artisti le sorprese sono sempre all'ordine del giorno e
nessuno può mai predire con certezza quale sarà musicalmente il loro passo
successivo. Questa è in definitiva la sostanza di quella grande musica che noi
tutti chiamiamo "Jazz", arte in cui Jarrett dimostra, da anni, di
esserne maestro e degno continuatore dei grandi del passato.
Gary
Peacock (Idaho, 1935) è stato un ispiratore per chi voleva cambiare il
ruolo del contrabbasso, da semplice "timekeeper" a strumento
melodico. Una peculiarità di questo immenso stilista è quella di farsi
ritrovare a suo completo agio in contesti più tradizionali (Bill Evans, Sonny
Rollins o Hampton Hawes) come in situazioni più intriganti: lo dimostrano le
frequentazioni con Miles Davis, Paul Bley, Archie Shepp e addirittura Albert
Ayler. Nel corso della sua ormai lunga carriera ha collaborato fra gli altri
con Sarah Vaughan, Chick Corea, Joe Henderson, Bill Frisell (gran disco in duo)
e Michel Petrucciani. L'ultima fase della sua attività discografica si è svolta
per l'Ecm, con più di una ventina di dischi in quasi trent'anni: i compagni
d'arte coinvolti rispondono, fra gli altri, ai nomi di Keith Jarrett, Ralph
Towner, Paul Bley, Marilyn Crispell, Paul Motian, Jan Garbarek.
Jack
Dejohnette (Chicago, 1942) è uno dei maghi della batteria moderna, capace di
sfumature timbriche e dinamiche che trascendono le funzioni del batterista -
accompagnatore. Non a caso Jack suona benissimo il pianoforte e compone,
permettendosi perfino il lusso di esibirsi nel cotesto del piano solo.
Dejohnette ha studiato musica classica per dieci anni, poi è passato al jazz
aderendo ai circuiti dell'avanguardia di Chicago, che facevano capo alla AACM e
a personaggi come Muhal Richard Abrams e Roscoe Mitchell. Dal
"Le nostre
frasi altisonanti,
che pretendono di interpretare la musica,
riescono solo a dipingervi sopra...”
[Keith Jarrett]